La nostra Neuropsicomotricista, Giada Zanetti, ha pubblicato un articolo scientifico nell’ultimo numero della rivista “Psicomotricità” (Zanetti G., (2017) Neuropsicomotricità Interculturale: uno studio sul bambino proveniente dal Mondo Arabo e sulla sua famiglia, Psicomotricità, vol. 3 numero 2 (60), Erickson).
L’articolo presenta i risultati di una ricerca sulla presa in carico di bambini provenienti dal Mondo Arabo. Esistono delle differenze o delle difficoltà nel relazionarsi con il bambino arabo? E con la sua famiglia? Com’è possibile affrontare tali difficoltà?
Per rispondere a queste domande, da un lato è stata svolta una ricerca di tipo quantitativo, attraverso l’invio di un questionario ai TNPEE del Veneto, dall’altro si è compiuta un’analisi qualitativa, osservando la casistica clinica. I dati raccolti, accompagnati dallo studio della cultura araba e del pensiero di vari autori, evidenziano la presenza di specifiche difficoltà. Emerge quindi la necessità che il TNPEE sia capace di decentrarsi culturalmente, diventando consapevole dell’influenza della propria cultura e di quella del bambino, sia nella terapia sia nella relazione con la sua famiglia.
Di seguito vi presentiamo alcuni stralci dell’articolo:
Nel Mondo Arabo il corpo femminile, e in misura minore anche quello maschile, viene spesso coperto, nascosto: così il corpo, inteso anche come immagine di sé, perde d’importanza. Ne consegue che, in questi Paesi, adulti e bambini non hanno molta cura del corpo in quanto tale, anche perché tradizionalmente la religione musulmana lo considera corruttibile, un tabù. Non solo il corpo di per sé, ma soprattutto il modo in cui lo si vive e lo si abita è portatore di informazioni culturali. Come afferma Rizzolati (Cristaldi, 2016) i neuroni specchio si attivano solo quando c’è una corrispondenza tra ciò che stiamo osservando e ciò che sappiamo fare, di conseguenza non si attivano quando vediamo un’azione a cui non sappiamo attribuire un significato.
Il concetto di universalità psichica ideato da Georges Devereux e ripreso da Marie Rose Moro sottolinea come «Tutte le culture hanno uguale dignità, perché quello che noi definiamo “credenze” non sono altro che le rappresentazioni che altri hanno della realtà e hanno lo stesso valore delle nostre rappresentazioni “scientifiche”» (Moro, 2004). Se si considera che ogni cultura ha il medesimo statuto, è facile comprendere come il terapista debba apprendere a decentrarsi per poter accogliere la cultura dell’altro, ossia debba imparare a spostare il proprio centro da dentro a fuori di sé, per avvicinarsi all’altro.